Per noi moderni, le tecniche di prototipazione e virtualizzazione del progetto sono fatti acquisiti. I tool grafici, i software BIM fra tutti, hanno risolto da tempo il problema della validazione del requisito, o della soluzione che soddisfa il requisito. BIM, prototipi e virtualizzazioni: il ponte sul Forth – un caso studio.
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Ma gli ingegneri e gli architetti, prima dell’avvento del CAD e del BIM, quali soluzioni dovevano adottare per validare un requisito, ottenere l’approvazione di una soluzione o confermare funzionalmente una soluzione tecnica o architettonica?
L’uso di disegni, prospettive, modelli in scala hanno avuto grande diffusione fino a tutto il ‘900. Il caso della cupola di S. Pietro è un esempio d’uso del modello in scala con la doppia funzione di validazione architettonica e strutturale. Buonarroti lo scrive esplicitamente che, essendo oramai avanti con gli anni, era necessario lasciare ai posteri tutto quanto fosse necessario per la costruzione quindi, disegni, descrizioni tecniche dei particolari costruttivi e un modello in scala, realizzato in legno di tiglio alto 5 metri e largo 4.
Nel 19° secolo, con l’avvento dei nuovi materiali, il calcestruzzo armato e, ancora prima, l’acciaio, il problema della validazione architettonica e tecnica poneva il problema di confermare i calcoli strutturali e, soprattutto, convincere il committente non specialista.
Il prototipo del ponte sul Forth
Il caso del ponte sul Forth ci insegna molto riguardo l’approccio prototipale troppo spesso dimenticato nei processi di project management ma molto usato nella pratica della progettazione delle opere del genio civile. In questo caso il prototipo è molto più di un semplice mock-up, molto diffuso e popolare tra noi moderni. Gli ingegneri britannici John Fowler e Benjamin Baker dovevano dare una risposta alla città di Edimburgo per la realizzazione di un ponte ferroviario. Le premesse erano tutt’altro che tranquillizzanti. Il ponte ferroviario progettato da Thomas Bouch sul fiume Tay, era crollato pochi mesi prima. Fowler e Baker dovevano trovare un’altra soluzione convincente prendendo le distanze dal progetto di Bouch. La soluzione di due mensole con una trave appoggiata è molto ardita, considerata la luce libera di oltre 500 metri, ma sembra l’unica soluzione percorribile. Ora dovevano trovare il modo di convincere la committenza e ridare fiducia alle soluzioni tecniche dell’ingegneria moderna: viene proposto al committente un approccio geniale, un prototipo vivente in scala.
Gli ingegneri Fowler e Backer, seduti ai due estremi, sono i piloni che aggettano le due mensole, le braccia ben tese sono i tiranti, i bastoni che tengono uno per mano sono i puntoni, al centro, sulla trave appoggiata alle due mensole, costituita da una tavola che completa la luce libera, è seduto l’ing. Watanabe che rappresenta il carico che viene scaricato alle due estremità sui due piloni umani, Fowler e Baker, e quindi sulle due pile costituite da mattoni, ognuna pari a metà del peso di Watanabe, che bilanciano il carico complessivo. La soluzione è geniale, quasi un gioco per bambini ed è talmente strabiliante da convincere la committenza della fattibilità. Il ponte sul Forth vedrà la luce nel 1890, dopo 7 anni di lavori dei quali ben 3 solo per i basamenti sommersi dei piloni.
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